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Prima di tracciare quelle che sono state le principali trasformazioni intercorse negli anni nel ruolo dell’imprenditore, è opportuno porre una domanda preliminare.
Chi è il manager aziendale?
Più specificamente: cosa fa un manager aziendale?
A questi interrogativi si potrebbero offrire una pluralità di risposte,
ma il punto centrale resta il seguente: il ruolo del manager si definisce attraverso le azioni che svolge e i compiti che è chiamato ad assolvere.
In sintesi: un manager è ciò che fa!
Ora, tra le attività e le responsabilità che generalmente competono a un manager, c’è senza dubbio quella di porsi come un team player.
Coordinare il lavoro di altri professionisti, offrire un chiaro punto di riferimento ai propri collaboratori, e – in egual misura – sviluppare le potenzialità del proprio team, rimangono direttrici fondamentali per la quotidianità di un manager aziendale.
Il ruolo del manager, così come esso è entrato nell’immaginario collettivo – non senza una certa aderenza alla realtà effettiva delle cose –, è quello di colui che coordina le risorse umane di un’azienda, ottemperando a mansioni di direzione e organizzazione nei confronti dell’attività svolta da altri.
[Se volessimo mutuare un lemma dal mondo dello sport, potremmo affermare con una buona dose di ragionevolezza che l’essenza del ruolo svolto dall’imprenditore come manager oggi è quella di porsi come coach: un allenatore che ha a cuore il destino condiviso di tutti i membri della propria squadra.
Non solo, la similitudine tratta dallo sport trova conferme anche nel fatto che, così come un allenatore ha “cura” e si occupa contestualmente sia delle prestazioni pratiche della propria squadra che della dimensione emotivo/psicologica dei propri membri, allo stesso modo un manager oltre a ottimizzare e coordinare le azioni lavorative del suo team di riferimento, è chiamato anche a un costante lavoro “sulla mente” dei propri collaboratori]
Grandi manager del secolo appena trascorso sono stati anche, e prima di tutto, grandi motivatori.
Fino all’ultimo ventennio si è posto sempre l’accento sul fatto che un “buon” manager è colui che riesce a raggiungere puntualmente gli obiettivi prefissati, monitora le azioni atte a conseguirli, è in grado di produrre soluzioni di miglioramento e di corrispondere alle politiche aziendali.
Questo è il prototipo di manager che abbiamo imparato a conoscere.
Negli ultimi tempi, però, le cose sembrano cambiare.
Viviamo in una fase storica di repentine evoluzioni che rendono le nostre azioni improntate alla fluidità e alla flessibilità. Si tratta di un processo evidentemente trainato da diversi fattori, ma principalmente dal grande balzo in avanti operato dalla tecnologia.
? Tutto sembra essere in movimento: il nostro modo di comunicare e relazionarci, il nostro modo di muoverci, di vivere.
Se a ciò si aggiungono
? un mutamento radicale del contesto economico,
? un contemporaneo espandersi dei mercati
? e un dirompente sviluppo delle nuove tecnologie,
non stupisce affatto che a fare da contraltare sia stata anche un’inevitabile trasformazione degli assetti aziendali e della figura dell’imprenditore.
Nella complessità del mondo contemporaneo il manager è chiamato a sviluppare e a “mettere a disposizione” dell’azienda anche un’altra facoltà: quella di immaginare!
In effetti, esplorare possibilità non ancora esperite, saper individuare connessioni tra le cose che sfuggono a un approccio convenzionale con la realtà, immaginare soluzioni che trascendano un approccio conformistico, possono risultare gli elementi determinanti per l’implementazione del business aziendale.
Un grande imprenditore italiano, manager di assoluto successo nonché visionario precursore dei nostri tempi, così si esprimeva a riguardo:
Ma se quello dell’imprenditore piemontese appariva ancora come un auspicio e un invito a “osare” di più, oggi il coraggio di spingersi in territori sconosciuti appare come una vera e propria necessità.
Ormai la transizione tra il manager “classico” e il manager “visionario”, seppur velata da mille sfumature, sembra una linea di tendenza chiaramente riscontrabile.
In molte aziende ormai il manager è chiamato a mettere in campo prospettive nuove e a percorrere sentieri inesplorati. Questo approccio definisce, chiaramente, anche una modalità nuova per l’elaborazione delle strategie di fondo di un’azienda.
Quindi, tra le responsabilità di un manager non si tratterà più di
corrispondere agli obiettivi prefissati, ma anche di concorrere – attraverso la propria “visione” – alla definizione stessa dei traguardi e delle mete da raggiungere.
? E dunque, di quello che abbiamo definito come “manager classico” cosa resta?
? Sarà inevitabilmente soppiantato da quello che abbiamo riconosciuto come il nuovo “manager visionario”?
Non proprio.
Il manager del futuro sarà colui che riuscirà a fondere in un unico approccio d’insieme le caratteristiche proprie ai due profili manageriali richiamati.
In ultima analisi, il processo di trasformazione che sta riguardando il ruolo dell’imprenditore come manager non cancellerà le funzioni abitualmente attribuite a questa figura. Ne amplierà, però, prospettive e orizzonti contribuendo al suo arricchimento.
Stefano Condoluci