È opinione diffusa che noi Recruiter agiamo senza provare emozioni.
Seduti sul nostro scranno, algidi e impassibili.
In realtà noi Recruiter lavoriamo seduti su un’altalena … di emozioni.
L’etica professionale ci impone di gestire e condurre i processi di selezione con oggettiva imparzialità. Contemporaneamente, però, la nostra natura umana ci fa lavorare provando una variegata gamma di emozioni.
Emozioni che spesso si susseguono e si accavallano molto velocemente, anche nell’arco di una stessa giornata.
Emozioni che, nella maggior parte, sono provocate dalle persone con cui entriamo in contatto e con le quali ci relazioniamo. Altre sono scatenate dal contesto: quello aziendale/organizzativo e quello sociale ed economico.
Se guardo alla mia quasi ventennale esperienza, posso dire, con serena consapevolezza, che ieri come oggi, a farla da padrone sono Entusiasmo, Gioia e Frustrazione.
Ancora oggi mi entusiasmo quando inizio a lavorare a un nuovo progetto di ricerca, soprattutto se sfidante, vuoi per la complessità del profilo da ricercare o per la sua rara presenza sul mercato; vuoi per il cliente che mi affida la ricerca: che si tratti di un cliente nuovo o fidelizzato ma ostico, difficile da accontentare; oppure ancora, di un cliente storico con cui si è instaurato un rapporto di partnership e di complicità.
È entusiasmante, poi, quando riesco a catturare l’attenzione di un’azienda che ho inseguito e corteggiato per molto tempo. Un Entusiasmo, questo, che si fa Gioia quando è l’azienda stessa a chiamarmi, inaspettatamente, memore dei miei precedenti corteggiamenti (con telefonate, mail, segnalazioni proattive di profili, inviti a iniziative, convegni, webinar).
Questi Entusiasmi hanno il merito di spingermi fuori dalle mie zone di comfort; di farmi studiare e approfondire; di farmi intravedere e percorrere strade nuove o alternative.
La Gioia è invece legata agli incontri.
Con persone belle, intelligenti, profonde, semplici, appassionate; con persone che ti lasciano un segno o un insegnamento; con persone che ti consentono di entrare in empatia con loro. Sia che si tratti di candidati o di referenti aziendali.
È soprattutto la passione che anima le persone a darmi gioia; a prescindere dall’opportunità di business che quella persona può rappresentare se verrà assunta.
È motivo di gioia anche sentirmi a fianco del cliente, coinvolto appieno nel processo di selezione: a partire dal momento di condivisione del fabbisogno e definizione della job description, passando attraverso l’affiancamento nei colloqui di selezione in azienda, fino al momento della scelta del candidato.
È innegabile poi che procuri gioia chiudere con successo un progetto, e vedere la soddisfazione dei miei clienti: candidata/candidato e azienda.
Mi dà gioia riscontrare la gratitudine. Altrettanta gioia mi dà l’essere grato a chi mi ha dato un’opportunità.
Speculare alla Gioia è la Frustrazione.
Di cercare e non riuscire a trovare (candidate o candidati, in modo particolare i progettisti).
Di trovare e non riuscire ad avere riscontro (da persone che non rispondono alle richieste di contatto e ai messaggi Linkedin).
Di arrivare alla fine di un processo di selezione e gestire la (sempre più frequente) situazione di candidati o candidate che si tirano indietro all’ultimo momento perché accettano il rilancio economico fatto dalla loro azienda.
Di rincorrere e avere difficoltà a rintracciare i referenti aziendali.
Di avere il giusto candidato per una certa posizione e non riuscire a convincere l’azienda.
E, viceversa, intuire di avere la giusta opportunità per una persona e ricevere un rifiuto.
La Frustrazione diventa Dispiacere quando si delude un’aspettativa: di un candidato/a motivato/a che non viene scelto/a; di candidato/a e azienda quando si verifica il mancato superamento del periodo di prova; di un’azienda quando non riesco a soddisfare appieno la sua esigenza.
L’alternarsi, spesso repentino, di Gioia e Frustrazione credo contribuisca a rafforzare la Resilienza, la capacità di tenere duro, di piegarsi senza spezzarsi, di trovare nuova linfa alla motivazione.
Negli anni, sul mio percorso professionale, si sono affacciate anche altre emozioni: la Rabbia per un cambiamento non condiviso o per un torto subito; la Tristezza, ad esempio a conclusione di un’esperienza di lavoro importante e significativa; la Paura, nell’affrontare un cambiamento, anche se desiderato, anche se necessario.
E in questo tempo di Covid-19, quali sono le emozioni dominanti?
Sicuramente Preoccupazione e Smarrimento: emozioni già provate anche in altri momenti di crisi socio-economica degli anni scorsi.
Ma anche, e soprattutto, Stupore e Soddisfazione: per essermi saputo adattare a un modo nuovo di lavorare e di intrattenere e consolidare relazioni e rapporti professionali, grazie alla tecnologia.
Un po’ di spazio se lo prende anche la Noia, perché i ritmi sono più rallentati, i tempi più dilatati. Annoiandomi, però, ho delle intuizioni, vedo le cose da un punto di vista nuovo, mi vengono idee.
Paura no, perché tendo a essere ottimista.
Insomma, lavorando provo diverse emozioni: costruttive, raramente fini a se stesse.
Emozioni che sono la leva motivazionale per il mio arricchimento personale e professionale.
Emozioni che fanno sì che il mio lavoro di Recruiter sia sempre interessante e in evoluzione.
Emozioni che, come un termometro, mi confermano che il rapporto col mio lavoro è vivo e gode di buonasalute.
E le tue emozioni?
Come agiscono sulla tua dimensione professionale?
La tua azienda quanto spazio lascia alle emozioni delle sue persone?
Matteo Scarabello |