Qualche anno fa era più facile.
Si mettevano in contatto domanda e offerta: aziende e candidati.
L’azienda sceglieva, i candidati (e le candidate) incrociavano le dita.
Oggi qualcosa è cambiato.
Oggi la scelta è da ambo le parti.
E portare a casa la persona su cui si è puntato non è più così scontato per le nostre imprese, per gli studi, per le società che assumono.
Non è una questione di contratto, di benefit, di retribuzione.
Sono elementi che contano, sarebbe sciocco affermare il contrario, ma da soli non fanno la differenza.
Lo testimonia il fatto che non è raro incontrare persone disponibili a rinunciare a qualcosa pur di entrare nell’azienda che desiderano, pur di affrontare progetti stimolanti, pur di avere prospettive di crescita a cui aspirano, pur di lavorare in contesti organizzati, ecc…
Insomma anche i candidati fanno la loro selezione.
La crisi, che al primo sguardo potrebbe aver rafforzato la presa del coltello da parte di chi assume, a ben guardare ha ribaltato la situazione.
Anche i candidati fanno la loro selezione.
Perché nel nostro contesto di mercato di lavoro ancora ce n’è!
Per chi lavora bene in modo particolare.
E noi, voi anzi, volete solo collaboratori che lavorino bene, volete i migliori.
Ma i migliori devono scegliervi.
Cosa valutano i candidati? Noi che li incontriamo ogni giorno abbiamo notato che ciò che motiva alla scelta sono fattori che poco hanno a che fare con il titolo o la retribuzione.
Ciò che conta sono:
- Le prospettive. Non solo personali e non solo nel breve-medio termine.
Quali sono i piani futuri dell’azienda, nel lungo termine? I candidati chiedono che azioni concrete sta operando l’impresa rispetto agli obiettivi dichiarati, quali sono le condizioni di partenza e i facilitatori verso la meta da raggiungere. - I valori aziendali. Come si lavora in azienda? Qual è il livello di commitment interno? Come vengono gestite e valorizzate le risorse, al di là dei proclami? Quanta attenzione viene data alla formazione?
- E poi ancora quali strumenti, che organizzazione, che livello di autonomia, quanta concretezza alla base degli obiettivi prefissati? Insomma quanto fumo e quanto arrosto?
I candidati quindi, quelli bravi, quelli che vogliamo assumere noi, fanno domande, hanno loro stessi degli obiettivi e valutano il proprio interlocutore in funzione di questi.
I candidati, quelli bravi, vengono a colloquio preparati e si prendono il tempo per riflettere, per fare ulteriori valutazioni e analisi.
Non è presunzione, non è mancanza di motivazione.
Anzi, il contrario. Fidatevi del nostro giudizio.
Quando si incontrano persone così bisognerebbe gioire della propria fortuna e impegnarsi per portarsi a casa proprio loro.
Sapendo che se non manterremo quanto promesso ci lasceranno, ҫa va sans dire.
Sapendo anche però che, se ben motivati e dotati degli strumenti adeguati, si spenderanno con grande coinvolgimento per raggiungere i risultati e il loro contributo sarà determinante.
È per questo che da una parte, per chi assume, si rende ogni giorno più necessario curare il proprio appeal: perchè un candidato dovrebbe voler lavorare con voi?
Dall’altra parte il consiglio e di non accontentarvi delle soluzioni facili. A noi viene chiesto sempre il meglio del meglio, non il buon candidato/a ma QUELLO/A GIUSTO/A: anche nelle selezioni dirette non dovreste accontentarvi di niente di meno.
Cercate, selezionate, domandate: chiedete alle persone che incontrate quali obiettivi hanno, cosa cercano, cosa si aspettano da voi e da una reciproca collaborazione.
E infine non scartate, anzi apprezzate, quelle persone che sembrano volervi mettere alla prova, che vi misurano, che chiedono e vogliono approfondire, che fanno più domande degli altri (non sugli orari di lavoro o sui giorni di ferie chiaramente).
Insomma, estote parati.
Poi nel dubbio, noi siamo a disposizione!
Roberta Zantedeschi